Il tempo che mi prendo, quando mi vedete scomparire per un po’, non è di assenza ma di osservazione. Se sto osservando qualcosa che non conosco non posso parlarne, prima devo capire. Ecco cosa ho fatto in questi mesi in cui non ho scritto nulla: ho osservato i miei figli che crescevano. Un paio di loro si sono avviati a pieno titolo nell’età brutta, quell’altro il piccolino ha iniziato la prima elementare. E da dirvi ne ho tantissimo.
I tempi sono maturi per affrontare l’adolescenza
Iniziamo con ordine: un adolescente è colui che si esercita a formulare giudizi in autonomia. Ecco perchè il mio lavoro di prima è finito con loro, mentre ne inizia uno tutto diverso. Non posso più offrire la mia (la nostra) visione del mondo ma devo mettermi in ascolto dei primi rudimenti della loro (visione del mondo). Ascoltare è molto impegnativo se siete pieni di opinioni come me.
Anche per questo motivo non posso più fare foto (questa è l’ultima che trovo): i miei ragazzi di quasi 12 e 14 anni si muovono sempre più consapevoli nel mondo e quando vorrei fotografare Zeno che impara a suonare il pianoforte usando i nuovi tutorial che trova su youtube mi autocensuro (guardane uno). E’ bellissimo vederlo ma non posso condividerlo con voi.
Quando ascolto Lorenzo Pedro che compone canzoni e fa beatbox non posso registrarlo, non me lo permetterebbe. Ed è giusto cosi. Mi chiedo anche da dove venga questo bisogno di registrare tutto, come se i ricordi non fossero abbastanza. Forse per capirlo dovrei indagare sulla mania, tutta contemporanea di fotografare qualsiasi cosa, di tenere memoria fisica della vita meravigliosa che scorre, per paura che possa essere solo un sogno. E non è una cosa che fanno solo i vecchi. Perchè?
Per diventare adolescenti ci vuole tempo e coraggio, ed anche i genitori hanno bisogno di tempo e coraggio per dirsi che si, le danze possono iniziare. Invece di provare nostalgia vorrei osservare ancora meglio la quotidianità per poterla ricordare per sempre.
La differenza tra difficoltà e problema
Sarà un periodo difficile? Si, forse, ma se mi aggrappo all’etimologia della parola difficile e scopro che DIS-FACILEM significa proprio il contrario di ciò che è facile, ovvero di ciò che so fare, di ciò che è fattibile. Quindi una difficoltà è che qualcosa che (ancora) non so fare.
Perchè ci ostiniamo a pensare che le difficoltà siano un problema? Non è cosi. Il problema PRO-BALLEIN deriva dal stare di fronte a qualcosa e non sapere cosa fare.
La differenza tra difficoltà e problema è la volontà di agire. Il problema rimane finchè lo si contempla senza l’intenzione di agire, ma si trasforma in qualcosa che da difficile può essere sviscerato fino a diventare facile quindi risolvibile, con l’aiuto dell’azione e forse con una strategia. Grazie a Fabio Alessandri, amico caro, formatore di insegnanti e acuto osservatore della realtà. Fabio si dedica all’approfondimento dell’opera di Rudolf Steiner e opera attualmente in Toscana, maggiori informazioni sulle sue proposte formative per genitori e insegnanti su www.triartis.it
L’etimologia delle parole
Chi mi legge da 10 anni sa che spesso vado a scavare nell’etimologia delle parole perchè quella è davvero spregiudicata. L’etimologia non mente, non è influenzata dall’opinione delle altre parole, non si vergogna di se stessa. E cosi a volte scopro cose incredibili come queste: come imparare ad accettare le idee degli altri oppure da dove viene la capacità di commuoversi.
Largo ai piccoli
Che dire di Emilio 6 anni? La prima elementare nella scuoletta pubblica sotto casa, con il maestro fricchettone e il tempo pieno mi ha lasciato in osservazione per gran parte dell’anno e ho un sacco di cose da raccontarvi. Lo farò nei prossimi giorni, promesso.