Molti genitori pensano a tutto, proprio a tutto. Si preoccupano della scuola, degli sport e della qualità delle relazioni sociali, si preoccupano tantissimo. Peccato che i figli non siano in grado di bloccare tutta la loro ansia con un sano: Lasciami in pace sto giocando.
Ma spesso di perdono una cosa fondamentale: non capiscono cosa capita ad un bambino che non è stato lasciato in pace a giocare.
Un bambino eccessivamente stimolato nel raziocinio fin dai primi anni di vita e poco incoraggiato a giocare è un bambino danneggiato.
I ricercatori (n.d) hanno scoperto che i bambini cui è stato negato il gioco sono cresciuti con una neo-coteccia meno sviluppata cioè quella porzione del cervello che governa funzioni come la percezione sensoriale, il ragionamento spaziale, i movimenti volontari e (nell’uomo) il linguaggio.
E non pensate solo ai bambini di Gaza o a quelli con serie difficoltà famigliari. Pensate ai vostri figli. Quanto giocano al giorno? Dieci minuti, un’ora o tre ore? (per gioco intendo il gioco solitario o di gruppo, inventato da loro, con le loro regole, senza moderazione e intromissione di un adulto)
I bambini a cui è stata diagnosticata la Sindrome da definicit di attenzione e iperattività manifestano sintomi simili. Se neghi a un bambino piccolo la possibilità di giocare e lo mandi direttamente a scuola a 5 anni, proprio quando comincia a strutturare il suo gioco, ad inventare giochi complessi e godere veramente di ciò che crea. (leggi giocare quando piove)
Il risultato potrebbe essere paura e insicurezza a causa di una precoce esposizione alla competizione e alla valutazione che si traduce in riluttanza a correre dei rischi. Alla fine – dice l’autore del libro Genitori slow, Carl Honoré – ti ritrovi con degli adulti molto noiosi.
Che cos’è il gioco?
Il gioco non è altro che una versione naturale dei processi di apprendimento più strutturati che si verificano in classe e getta le basi per costruire le capacità di leggere scrivere e contare. Il principale inconveniente del gioco è che agli occhi dei adulti assomiglia troppo ad una perdita di tempo.
Il tipo di educazione a tappe forzate molto di moda in tutto il mondo (valutazioni precoci, esami, competizione ecc) è soggetto alla legge dei rendimenti decrescenti, menzionando anche un’interessante studio sul multitasking secondo il quale anche uno scaldabagno che venisse acceso e spento per molte volte al giorno finirebbe prima o poi per cortocircuitare.
Quello che chiamiamo multitasking con aria tronfia corrisponde solo ad un piano sequenziale di smetti-comincia qualcos’altro-smetti-comincia qualcos’altro. quindi vostro figlio adolescente (o voi stessi) sta davanti al computer con 5 diverse finestre aperte sullo schermo e digita qualcosa al cellulare guardando allo stesso tempo la tv in realtà fa avanti e indietro tra compiti diversi, commettendo più errori, mettendoci più tempo però sentendosi a pieno titolo un figlio del suo tempo.
Non è detto che sia meglio. Questo è il punto. Non vorrei farvi passare la voglia di leggerlo menzionando i punti salienti che sono moltissimi: vi dirò ancora che c’e’ un capitolo eccezionale sulla gestione della disciplina, sul consumismo e sulla pessima abitudine che hanno molti genitori di oggi di mettere i propri figli su un piedistallo, una frase per tutte è questa: un bambino iper-viziato con gli anni può diventare un adulto finanziariamente incontinente.
In Genitori slow c’è un’illuminante parte sui compiti a casa, le attività extra-curriculari e sullo sport, tutte attività che hanno, per riassumere, come principale scopo quello di ingozzare i nostri figli di impegni che li rendono precocemente sottoposti a orari, prestazioni e impegni di cui non solo non hanno bisogno ma che intralciano il loro sacrosanto bisogno di riposo, tempo e spazio.
Insomma, come sapete io sono di parte, ma lui è molto più neutrale di me e porta argomentazioni che condividerete e apprezzerete. Ve lo consiglio e non lo faccio perchè Rizzoli mi offre la cena. Questa non è una pubblicità.