Passo la vita a mettere i puntini sulle i. Vedo solo quello che non ho fatto bene, quello che potevo fare meglio e quello che ho sbagliato. Cosa c'è di male? Voglio perfezionarmi, essere all'altezza delle cose, sono ambiziosa, si.
Ma andando a guardare un po' meglio dietro alle cose scopro una serie di riflessioni cosi vere sul perfezionismo che mi disarmano e mi fanno sentire la solita fessa. Ecco, voglio condividerle con voi.
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Il perfezionismo crea un continuo stato di scontento, alimentato da una corrente di emozioni negative come la paura, la frustrazione e la delusione.
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Se sei un perfezionista non puoi goderti alcun successo perchè c'è sempre qualcosa che avresti potuto fare meglio
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Visto che l'errore non è un'opzione realistica per il perfezionista, la paura di sbagliare diventa una forza dominante, il punto in cui si concentra tutta l'attenzione distraendoci e rendendoci meno efficaci e creativi nel risolvere i problemi.
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Il perfezionista spreca un sacco di energie dedicandosi alle cose che cerca disperatamente di evitare, l'errore e l'immagine che gli altri si faranno del nostro errore. Questo mina pesantemente la nostra performance, che sia artistica, lavorativa o sociale.
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Il perfezionismo, come ogni forma mentis precostituito, ci impedisce di abbracciare nuove sfide e assumerci dei rischi.
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Il perfezionista non può imparare dai propri errori, perchè li rifiuta e cerca di rimuoverli in quanto fonte di sofferenza e di vergogna.
Infine,
il perfezionismo non è in alcun modo collegato alle alte aspettive o all'ambizione come erroneamente viene associato, ma riguarda il nostro rapporto con gli errori che facciamo e a quello che gli altri pensano di noi quando sbagliamo.
Questa è la sintesi tradotta in italiano di un interessante articolo apparso sul Greater Good dell'Università di Berkeley