Quando uscì I bambini pensano grande Ed. Sellerio il titolo mi piacque moltissimo, lo trovavo affine ai libri di pedagogia che leggevo. L’autore riconosceva ai bambini la loro dignità, era attento a non giudicarli, autenticamente curioso ed entusiasta di stare con loro.
Lo apprezzai moltissimo, le sue idee mi erano molto affini e lo invidiai, anche, perchè io ero solo una mamma mentre lui era un maestro della scuola pubblica. Cosa avrei potuto fare io per contribuire ad una società dove genitori ed insegnanti potessero lavorare insieme per il bene dei bambini?
Un maestro dell’ascolto
Quando andai ad ascoltarlo al Festival della Mente ero già diventata una sua fan (il suo intervento è riascoltabile qui). Parlava di silenzio, di curiosità e di ascoltare i bambini ancora prima di pretendere di insegnare loro qualcosa perchè l’obiettivo ultimo dell’insegnamento, come della genitorialità (aggiungo io) non è insegnare ma è raccogliere i frutti preziosi della relazione, crescere insieme e alla fine imparare moltissimo, sia i bambini che i grandi, senza sforzo e senza costrizioni.
Non c’è un solo modo per imparare
In questi anni ho parlato spesso di quanto conoscere la pedagogia steineriana mi abbia illuminato: ci sono tanti modi diversi per imparare e i miei figli ed io abbiamo avuto l’occasione di imparare a pensare, scoprire il teorema di Pitagora con la geometria sacra delle forme oppure studiare storia a partire dalle fiabe passando per l’antico testamento e la mitologia nordica.
Credo sia stata una delle esperienze più belle della mia vita, mi ha dato coraggio, mi ha fatto scoprire la bellezza degli errori e la forma della conoscenza. Ma negli anni ho scoperto che la bellezza non si trova solo li per fortuna, ma in molti altri luoghi, in molte scuole sgarrupate, in molte persone apparentemente anonime e poi, in fondo, piene di tesori da regalare ai loro studenti.
Anche alla scuola pubblica si può fare
Quello di cui parla Lorenzoni mi risuona come qualcosa di vero e di bello e non è detto che alla scuola pubblica non si possa fare, anzi lui ne dà un esempio illuminante.
Lorenzoni dice, citando Panikkar, che fino a quando chi parla non ha incarnato personalmente in se stesso quello che dice le parole non hanno forza. E’ lo stesso Lorenzoni che già nelle prime pagine del libro cita Janusz Korczak, molto amato anche nelle scuole Steiner. Il buon senso e la sensibilità umana non sono figli di un metodo, sono di tutti e per tutti.
Fare didattica con Raffaello
A partire dal dipinto di Raffaello (La scuola di Atene) l’autore intraprende e governa una corrispondenza tra i suoi 16 alunni di quinta elmentare e i 16 filosofi greci che popolano il quadro: da Eraclito con le sembianze di Michelangelo che appoggia il gomito su un grande blocco a Euclide, con i tratti del Bramante, che disegna a terra. Un’opera d’arte che racchiude al suo interno cosi tanti enigmi e segreti da appassionare chiunque gli si accosti con la voglia di fare una caccia al tesoro.
Provo gratitudine per un’insegnante come lui, che non ha paura di fare domande a cui non ha già la risposta pronta, che non nasconde le asperità del suo carattere e anzi le mette in gioco per provare a disfarle catarticamente all’interno di uno spettacolo teatrale, che non si tira indietro quando le cose si fanno difficili e faticose e lui si ritrova all’alba a sostare sui testi classici per approfondire i temi che in classe suscitano altre domande.
La fiducia nell’era delle fake news
Insegnanti come lui e tutti gli insegnanti in generale meritano la nostra fiducia di genitori, meritano che teniamo fede al patto scuola-famiglia e non ci sottraiamo alle nostre responsabilità di comunità educante, dove il cerchio intorno al bambino deve stringersi per non farli sentire soli.
Dialoghiamo se non siamo d’accordo, certo, ma è cosi importante riporre fiducia, mostrare le proprie vulnerabilità e accettare quelle degli altri. Anche se dovessimo sbagliarci avremmo comunque fatto un dono ai nostri figli, avremmo mostrato che degli altri è necessario fidarsi.