Quando nel 2005 in Italia non esistevano ancora asili e scuola nel bosco, avevo notato che alla scuola steineriana i bambini stavano in giardino con qualsiasi clima e un giorno a settimana andavano nel bosco dietro alla scuola. Cosi mi incuriosii. Non erano forse più calmi e non giocavano di più perchè stavano più all’aperto?
Decisi di verificare di persona, contattai un asilo nel bosco in Svizzera e chiesi di essere accettata come osservatrice… dissi che avrei voluto aprire un asilo nel bosco a Roma (e qualcosa di vero c’era).
Ci andai a gennaio, c’era più di un metro di neve, ma i bambini dai 3 ai 6 anni stavano nel bosco dalle 9 alle 16 e rientravano solo per fare il cerchio finale.
I maestri mi dissero che l’unica condizione atmosferica con cui non uscivano era snow storm (bufera di neve) perchè rischiavano di volare via. Non potevo crederci.
Cosa fanno i bambini nel bosco?
La giornate avevano un ritmo calmo e routine strutturate. I bambini arrivavano presto e sapevano cosa c’era da fare: prepararsi per l’avventura quotidiana. Gli educatori lasciavano il tempo perchè facessero tutto da soli: mettersi i pantaloni da pioggia, giacche e stivali, guanti e cappelli. Ci mettevano anche 40 minuti ma nessuno batteva ciglio. Stavano imparando.
Io il terzo giorno ero già isterica. Non riuscivo a capire come facessero ad essere tutti cosi calmi e pazienti.
Arrivati nel bosco dopo 30 minuti di passeggiata c’era chi si metteva a giocare, chi si arrampicava, chi raccoglieva le foglie… Dappertutto c’erano bambini che badavano a sè, giocavano in modo profondo, concentrato e risolvevano i loro problemi. Tutto nel più religioso silenzio.
Gli adulti montavano corde per farli arrampicare, accendevano il fuoco per cucinare il minestrone, tiravano fuori scatoline piene di coltellini con la punta arrotondata e altre scatoline con pezzetti di formaggio per lo spuntino.
La solita mamma italiana
Ed io? Invece di godermi la scena non ero capace di star zitta, cercavo qualsiasi scusa per rendermi utile: chiamavo un educatore per dirgli che quel bimbo era salito troppo in altro, volevo aiutare un bimbo a tirarsi giù i pantaloni per fare pipi. E loro mi guardavano con aria compassionevole pensando che infondo ero solo un’ansiosa mamma italiana!
Cosa ho imparato da questa esperienza?
Non importa da dove cominci, se vuoi puoi imparare tutto.
Mi era bastata una settimana per cambiare completamente atteggiamento, mettere a tacere i preconcetti (non si possono perdere 40 minuti per infilarsi un paio di stivaletti, non potete aiutare questo bimbo per piacere?) il giudizio (quanto sono insensibili questi educatori che portano i bambini al freddo e al gelo anche quando nevica) e tornare a casa con una fortissima motivazione: forse non avrei aperto un asilo nel bosco ma avrei portato nel bosco i miei bambini, tutti i giorni. Come lo racconterò più avanti.
Durante quelle passeggiate i bambini trovano il loro tempo e quello fa scattare la magia del gioco profondo e ininterrotto, dove il “cavallino della fantasia” comincia a galoppare e non si ferma più.
Il cavallino della fantasia
Ho chiamato cavallino della fantasia la creatività, quella forza attentiva che ci rende capaci di dare priorità a ciò che conta davvero.
E’ la galoppante capacità di immaginare e costruire un gioco dove si stabiliscono e rispettano le regole, ci si esercita per la vita, si fa attenzione alle priorità necessarie perchè il gioco funzioni.
Quando un figlio si annoia prova a dirgli: non succede nulla se ti annoi, quando meno te lo aspetti il cavallino della fantasia ricomincerà a galoppare e ti verrà di sicuro in mente qualcosa di bello da fare” e immancabilmente questo succede.
Far galoppare la creatività
Il bambino cerca di far galoppare il suo cavallino in modo istintivo se non viene distratto da tutto il resto, ma è ovvio che questo comporti un impegno e una volontà di fare che sono dispendiosi.
E’ certo più facile trovare il gioco già fatto e solo da giocare, magari in modo interattivo ma cosi non esercita nulla, neanche la voglia di giocare.
Tutti gli altri hanno la playstation
Spesso i bambini piccoli insistono perchè vogliono giocare con i videogame. Tenere duro non è una sconfitta, sorridere non significa abbozzare, avere fiducia è un atto rivoluzionario quando tuo figlio di 6 anni ti dice mamma hanno tutti la playstation ed io no!
Pare che quello che fan tutti sia automaticamente giusto e lecito. A me pare di no.
La miglior ricompensa
Quando poi scatta il cavallino e il bimbo corre in camera a fare, beh questa è la miglior ricompensa per un genitore che nell’immaginazione ci crede davvvero.
La fretta è nefasta, se iniziate a pensare che non ce la fate, che il bambino con la sua insistenza vi rende nervosi, allora gettate la spugna, consegnate il qualsivoglia telecomando e vi accasciate sfinite sul divano, pensando che “vivere semplice” non era poi cosi facile.
Forse non è facile, ma ne vale la pena.
Saper dare dei limiti, conquistare la padronanza del proprio tempo e di quello dei bambini, trovare un centro, affrontare la vita con quiete e sicurezza ne vale davvero la pena.
Ne parlo diffusamente nel libro, che è quasi pronto! Sarà in libreria il primo settembre, giuro.