Fare il meglio per loro, facile a dirsi, ma che cos’è davvero il meglio per loro?
Amore, comprensione, attenzione e tempo.
I bambini hanno bisogno SOLO di questo. Forse.
Tuttavia crescere i figli è difficile, richiede pazienza, stabilità emotiva, idee chiare e una grandissima forza di volontà. Per noi leggere, studiare, parlare e confrontarci con altri genitori è servito a farci un’idea su quello che volevamo fare e non fare per essere i genitori che abbiamo scelto di essere.
Insegnare o educare? Le parole che usiamo
Insegnare (da in + signum) vuol dire segnare, esprimere, fissare un signum, un marchio, mostrare una via, ammaestrare. Secondo questa visione il bambino è concepito come una tabula rasa, un foglio bianco da riempire con giochi, passatempi e più avanti con concetti, idee, attività.
Educare (da e + ducere) vuol dire condurre, trarre fuori l’uomo dai difetti originali della rozza natura, ma anche tirar fuori dall’uomo gli abiti di moralità e buona creanza già insiti in se stesso. Questo approccio vede l’uomo come un essere dotato di un sapere che proviene da lontano, di un’intelligenza intuitiva.
L’adulto che si accosta al bambino con questa consapevolezza che può educare piuttosto che insegnare, ha la possibilità di attingere al sapere e di valorizzarlo fino a dare al bambino gli strumenti per riconoscere e usare il suo naturale sapere nel modo migliore per sè e gli altri.
L’importanza del gioco
Cosa c’entra questo con il gioco? Moltissimo. Abbiamo capito che il gioco non è una semplice attività psicomotoria. Per il bambino piccolo giocare è conoscere, fare, lavorare, vivere senza mai stancarsi. Andando avanti con gli anni ed entrando nella scuola il bambino scopre che lì non si gioca più e che il suo lavoro è quello di imparare le cose.
Lo studio viene quindi vissuto come opposto al gioco. Inoltre fuori dalla scuola, la tv ha quasi completamente sostituito il gioco quindi il bambino perde progressivamente la capacità di inventare i suoi giochi, di giocare con niente, cosa che in passato veniva coltivata come attività spontanea e naturale. Il gioco rafforza la volontà e l’equilibrio, sviluppa la capacità di cooperazione e di solidarietà tra bambini dando loro la possibilità di esercitarsi nelle dinamiche sociali che incontreranno quando saranno più grandi.
A proposito dei giocattoli: sono il barometro della nostra cultura. I giocattoli che diamo ai nostri figli indicano il grado delle nostre aspettative verso di loro e la considerazione che abbiamo per l’infanzia in generale. (lo sapevate che Barbie è stata creata nel 1959 da un tal signor Ruth Handler che l’ha copiata da una bambola di plastica tedesca per giochi erotici maschili?… e ora quelli della Mattel sono spiazzati perchè le Bratz, nuova generazione di bambole apparsa nel 2001 sono cosi sexy, disinibite e fanatiche della moda da far sembrare Barbie una suorina d’altri tempi!!. Inoltre il target di riferimento per Barbie era in origine 9-12 anni mentre oggi si è abbassato a 3-7 anni. Il fenomeno gia molto conosciuto in America come Kgoy (kids getting older younder) è gia arrivato anche qui, ma questo è un altro discorso
I nostri figli imitano proprio noi
Sappiamo che i bambini piccoli vivono nell’imitazione e imparano tutto ciò che sanno in questo modo. Ma cosa imitano? Ciò che si muove e agisce intorno a loro. La tv, se quella sarà la loro abituale babysitter, i coetanei, i genitori. Questo è il motivo per cui, intuitivamente ogni genitore sa che è importante l’ambiente che circonda il bambino ed è fondamentale che sia popolato da individui che siano un valido modello da imitare.
A questo punto il mondo si divide in due: ci sono genitori che cercano di passare più tempo possibile insieme ai propri figli perchè sanno di essere un modello per loro e stanno lavorando per diventare un modello almeno decente e ci sono genitori che non hanno la consapevolezza del loro ruolo o non si sentono in grado di esperire questa responsabilità e vi si sottraggono con le scuse più ragionevoli, come il sovraccarico di lavoro, mancanza di tempo ecc…
Io non sono qui per giudicare nessuno, sto solo cercando di descrivere la realtà che vedo.
Oggi come oggi è molto facile lasciare i bambini in buone mani: le babysitter anche brave abbondano, ci sono ludoteche molto carine, ed poi c’e’ sempre la tv con un’offerta di cartoni animati molto intelligenti, documentari imperdibili ecc.. ma quanta importanza diamo all’ambiente in cui immergiamo i nostri figli? Se loro nei primi 3 anni di vita imitano cio’ che li circonda.. siamo consapevoli della qualità di ciò che gli proponiamo?
I nostri strumenti educativi siamo noi
Un valido aiuto ci è arrivato dal punto di vista antroposofico. In sintesi si tratta di questo: dovremmo avere piena consapevolezza del fatto che ogni nostro gesto o attività COSTITUISCE IN SE’ IL MODO IN CUI STIAMO EDUCANDO I NOSTRI FIGLI. Il modo in cui facciamo ogni cosa durante la giornata (dalla forza con cui impastiamo il pane alla noncuranza con cui ci laviamo i denti) riflette la nostra personalità e quello è il nostro strumento educativo.
Con il nostro fare, con lo stato d’animo che alberga dentro di noi e con i sentimenti che viviamo (espressi o inespressi che siano) trasmettiamo al bambino un modello da imitare. Sta a noi decidere cosa proporre.
Il nostro obiettivo? Porre le basi per la salute del corpo e dell’anima dei nostri figli. Dargli fiducia in se stesso e nel mondo circostante, farli sentire a loro volta esseri umani degni di essere imitati. Tutto qui.
ciao, mi trovo molto in accordo, anche se ancora a livello intuitivo, con quello che dici: per esempio ho notato che il mio gigantino tende a salutare le persone che incontra in maniera autonoma, senza che io gli dica di farlo forse perchè lo facciamo anche noi genitori; altra cosa che mi fa piacere è che usa molto la parola “si”, forse perchè tendo ad evitare la formula “no, non fare, dire ecc”.
Tutto questo mi rende soddisfatta tuttavia mi domando, e ti prego di essere sincera, forse educare è più faticoso che insegnare?
certe volte penso che avrei fatto meglio (dal mio punto di vista)a mettere il gigantino davanti alla tv già da quando aveva due mesi oppure a non abituarlo a fare lunghe passeggiate a piedi e a muoversi liberamente.
un baciotto, ciao.
ps: spero tu legga questo commento tardivo e trovi il tempo di darmi il tuo punto di vista.